2010, “IL VIAGGIO” Nota di Franco Rotella
Mi hanno detto di fare un viaggio, dove forse non incontrerò persone, ma atmosfere; bianchi, neri, grigi, luci, ombre, silenzi, prestigio, cultura.
Sono scatti di foto pensate e vissute da Giuseppe Piergianni per gli altri, per quanti non sanno e forse non vogliono sapere, ma noi li raccontiamo lo stesso.
Un viaggio fatto di forme che si organizzano in uno spazio che sa d’ignoto, dove ognuno di noi avrà l’orgoglio di esserci, dove natura e forme inventano l’amore.
Siamo in Campania, Orto Botanico di Portici, fontana delle Sirene, “La coppia”, un particolare dalla prospettiva aberrata, dove un uomo e una donna sembrano essere custodi della natura che li accoglie; tutto si carica di energia esagerata propria delle logiche dinamiche delle volute che li dividono.
Ancora la fontana riesce a essere protagonista, giriamo intorno, “Gli opposti”, uno strano modo di essere insieme; ognuno ha un proprio infinito, uno sguardo assente, un corpo che sa di favola, l’umano che si unisce all’animale, il tutto con ricercata eleganza.
Castello Aragonese, Bacoli, “Sostegni”, il legno domina supremo, un bisticcio inconsueto di forme inusuali che si proietta nell’ambiente con maestosa presenza; sembra uno strano annuncio di solitudine austera, quasi un divieto di entrare a tutela di un passato non meritato.
Il nostro peregrinare continua nel Castello con “La prospettiva profili” che, in un percorso di forme consunte dallo scorrere del tempo, ci permette di fermarci in un bagno di luce su di un volto che conserva la primaria fattura, espressione nobile; forse l’ultima opportunità di essere nel nostro presente.
Siamo all’ultima sosta nel Castello, un volto, “Espressione”, una maschera di nobile fattura, tagliata nel buio di uno spazio eterno, dallo sguardo assente; sembra non accorgersi di noi, forse il rifiuto della mediocrità d’intenti propria dei nostri giorni.
“Asimmetria tagliente” per il Centro Direzionale di Napoli; la punta di una spada che s’innalza verso il cielo, senza inizio né fine, quasi l’angoscia che rimembra “Il grido” di Edvard Munch, come per rompere il silenzio e la triste geometria dai colori spenti che accompagnano la monotonia crudele delle architetture di disumana natura.
“La luce del passato” ci porta al Palazzo Serra di Cassano di Napoli dove gli archi s’incrociano in un delizioso connubio di nobile presenza per finire in un pregevole ricamo di lamine di ferro battuto che conservano una lampada, portatore di luce, di un passato da non dimenticare, uno spazio colto tutto da vivere.
Con “Spiraglio di luce”, ancora nel nostro palazzo, i bianchi e i neri in una logica diagonale, si uniscono e si dividono; ancora una voce di quanti vogliono credere in un percorso di vita dove cultura e arte sono espressione di eterna energia.
Pochi passi e siamo al Castel dell’Ovo, a Napoli, “La via di fuga”, è forse l’ultima meta del nostro peregrinare alla ricerca di una storia, quella che sa di vita, quella che dovrebbe essere nostra, da non dimenticare, da continuare a credere, giorno dopo giorno, ora dopo ora, attimo dopo attimo. A Napoli tutto sa di sporco, di consunto, di abbandono, tutto sembra lasciato a un destino ingrato. Lo spazio infinito che Giuseppe ci racconta, forse è l’ultima strada da percorrere per un popolo che non c’è!
Lo spazio aperto di una natura inquieta ci conduce a Bagnoli sul Pontile con “tutti in fila”; uno scorrere lento di un nastro di cemento; tutto sembra senza inizio né fine, senza spazio né tempo, senza vita né morte, senza gioia né dolore; in un infinito che ha poco di nostro si legge qualche presenza umana, forse c’è una speranza, quella che Giuseppe Piergianni pretende ancora di avere.
Franco Rotella